Se dovessi parlare dell’estate non parlerei certo del sole, della sabbia o del mare; Parlerei invece del legno.
Legno con il quale era costruita la struttura di cabine del bagno dove andavamo quando ero ancora un bambino e avevo il dono di non capire le cose della vita.
Legno con il quale suppongo fossero costruite anche le altre strutture della costa , ma soltanto quello per me aveva quel sapore particolare: Sapeva di mamma di sorelle e d’allegria.
Andare a trovare un amico, pochi bagni più in la, era come avventurarmi tutto intero tra le pagine di un diario che non era il mio, intraprendere un viaggio misterioso e lunghissimo. Altre mamme, altre sorelle, altro cielo, altra vita.
A distanza di tanti anni sento ancora l’eco delle mie corse su quelle assi, lo scricchiolio del legno che cedeva al passaggio, il calore rassicurante sotto i piedi, l’odore della vernice verde usata per colorarle.
Quando ci torno con la mia famiglia adesso arriviamo con i costumi già indosso. Non c’è più il rito della cabina, la mamma che domanda che diavolo stai combinando lì dentro, l’odore dei canotti sempre sgonfi e delle pinne mai usate.
Io però, quando nessuno mi vede, me la concedo sempre una camminatina su quel legno che sembra riconoscermi subito, e arrivo proprio in fondo, dove tenevano il tavolo sotto lo specchio , a vedere se per caso è arrivata la ragazzina che mi diede appuntamento un pomeriggio di tanti, tanti anni fa.
mercoledì 24 luglio 2013
I giochi, l'amore e i sogni turchesi
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